Negli Stati Uniti si sta aggravando una vera e propria emergenza alimentare: le scorte di uova si stanno esaurendo rapidamente, mentre i prezzi raggiungono livelli record. Una mezza dozzina di uova può costare quasi otto dollari, complici la forte domanda e la diffusione dell’influenza aviaria, che ha colpito duramente gli allevamenti. Solo nell’ultimo trimestre del 2024, infatti, sono morte oltre 20 milioni di galline ovaiole.
La crisi arriva in un momento particolarmente delicato: la Pasqua è alle porte e con essa anche un picco di consumo. Negli USA si stimano 210 milioni di uova acquistate solo per questa festività. Il consumo pro capite annuale è significativamente più alto rispetto all’Europa: 272 uova a testa, contro le circa 210 dei cittadini europei.
Il Veneto sotto i riflettori: due miliardi di uova all’anno
Per affrontare la situazione, gli Stati Uniti hanno rivolto lo sguardo all’Italia, in particolare al Veneto, regione leader nella produzione avicola. Con due miliardi di uova prodotte ogni anno, pari al 26% dell’intera produzione italiana, il Veneto rappresenta una risorsa strategica in ambito europeo.
A confermare l’interesse americano è stato Gian Luca Bagnara, presidente di Assoavi e del gruppo di lavoro uova e pollame del Copa-Cogeca a Bruxelles, contattato direttamente dall’ambasciata statunitense. «Pensavo fosse uno scherzo», ha commentato Bagnara, sottolineando come le perdite USA siano tre volte superiori all’intera produzione italiana. Assoavi ha avviato un monitoraggio per valutare la possibilità di supporto, nel rispetto degli impegni presi con il mercato interno.
Produzione al limite anche in Italia
Nonostante l’interesse statunitense, l’Italia non naviga in acque tranquille. Anche il nostro Paese ha dovuto fare i conti con l’influenza aviaria, seppur con un sistema di contenimento più efficace. «Riusciamo a intervenire tempestivamente e delimitare le aree di contagio», ha spiegato Bagnara, elogiando la sinergia tra Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, responsabili dell’80% della produzione nazionale.
Tuttavia, secondo Michele Barbetta, allevatore padovano e presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto, la produzione italiana è già al limite e destinata quasi totalmente al consumo interno. L’export immediato, quindi, non è una soluzione praticabile nel breve termine.
Le uova come leva diplomatica
Una possibilità concreta potrebbe emergere solo dopo le festività pasquali, quando l’Italia entrerà in un periodo di potenziale sovrapproduzione. «Potremmo avere sei mesi di produzione extra», ha dichiarato Bagnara, che vede nella richiesta americana un’opportunità anche a livello politico.
Le uova italiane, infatti, potrebbero diventare una leva di trattativa commerciale con gli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda l’esportazione dei derivati, attualmente bloccata per motivi tecnici. «È importante cooperare», ha concluso Bagnara, lasciando aperto il dialogo con l’ambasciata statunitense per possibili sviluppi futuri.