L’effetto dazi lanciato dal presidente Trump continua a scuotere i mercati finanziari globali. Le Borse europee sprofondano: a metà mattinata i principali listini registrano perdite fino al 6%, con Piazza Affari, Francoforte e Parigi travolte da un’ondata di vendite.
Banche e industriali affondano a Milano, sale lo spread
A Milano sono i titoli bancari a pagare il prezzo più alto, seguiti da industriali e utility, in un contesto di avversione al rischio che colpisce duramente il listino. Intanto, sul fronte obbligazionario, si assiste a una fuga verso i Bund tedeschi, considerati beni rifugio, mentre lo spread BTP-Bund italiano torna a salire, toccando quota 125 punti base dopo aver sfiorato i 131. Il rendimento del decennale italiano raggiunge il 3,78%.
Nel frattempo, l’oro torna a brillare sopra i 3.000 dollari l’oncia, confermandosi il bene rifugio per eccellenza, mentre il Bitcoin inverte il trend e crolla a 76.000 dollari, cancellando i guadagni legati all’elezione trumpiana.
Wall Street divisa: prime crepe nella strategia dei dazi
Dal 2 aprile, giorno ribattezzato Liberation Day per l’annuncio della nuova ondata di dazi, i mercati sono entrati in modalità panico. I futures di Wall Street anticipano un’altra seduta negativa, mentre cresce il malcontento tra gli operatori finanziari americani.
Secondo fonti interne, alcuni CEO di multinazionali statunitensi avrebbero incontrato Trump a Mar-a-Lago nel fine settimana per cercare di moderare la linea protezionistica della Casa Bianca.
Ackman attacca il segretario al commercio: “Guadagna mentre l’economia crolla”
Il gestore dell’hedge fund Pershing Square, Bill Ackman, ha chiesto una pausa di 90 giorni sui dazi, denunciando un potenziale conflitto di interessi del segretario al commercio Howard Lutnick. Secondo Ackman, Lutnick e la sua società Cantor trarrebbero profitto dal caos dei mercati, essendo fortemente esposti sulle obbligazioni.
Anche Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, ha espresso perplessità, parlando di “conseguenze stagflazionistiche immediate” per gli Stati Uniti.
I grandi della finanza USA contro le tariffe
Il malcontento cresce anche tra i big della finanza. Howard Marks, co-presidente di Oaktree Capital, ha criticato la nuova politica commerciale, definendola un passo verso “l’isolamento economico degli Stati Uniti”. Stan Druckenmiller, storico investitore repubblicano, ha espresso la sua opposizione a tariffe superiori al 10%, una posizione condivisa e rilanciata da altri gestori come Dan Loeb.
Anche il Wall Street Journal riporta che diverse figure chiave della finanza americana hanno espresso preoccupazione diretta alla Casa Bianca, in un clima sempre più teso tra politica economica e mercati.