Il mercato energetico globale è scosso da una nuova mossa a sorpresa dell’Arabia Saudita, tra i principali produttori mondiali di petrolio. Nonostante il calo della domanda e il crollo dei prezzi, Riyadh ha deciso di aumentare la produzione di greggio. Una scelta destinata a generare nuove turbolenze sui mercati, dove il petrolio si attesta già attorno ai 60 dollari al barile, in calo del 20% in pochi giorni.
L’annuncio arriva in un contesto già instabile, aggravato dalla politica commerciale protezionistica degli Stati Uniti. Le recenti dichiarazioni di Donald Trump sui dazi hanno infatti scatenato incertezze che si sono rapidamente estese al settore energetico, comprimendo la domanda globale.
Perché l’Arabia Saudita sta aumentando la produzione
L’aumento produttivo deciso da Riyadh – pari a 411.000 barili al giorno a partire da maggio, secondo le proiezioni OPEC+ – ha motivazioni complesse. Se da un lato il Paese ha bisogno di un prezzo minimo di 96 dollari al barile per sostenere le finanze pubbliche, dall’altro sembra prevalere una strategia geopolitica di più lungo respiro.
Frustrazione per il mancato rispetto delle quote da parte degli altri membri OPEC, volontà di riaffermare il proprio ruolo di leader nel mercato e spinta verso la diversificazione economica sono tutti elementi che influenzano la decisione saudita.
Secondo fonti vicine al governo, l’obiettivo dei 100 dollari al barile è stato ormai abbandonato. Al suo posto, Riyadh punta a sfruttare il momento per accelerare Vision 2030, il programma di riforme che mira a ridurre la dipendenza dal petrolio e sviluppare settori alternativi come turismo, manifattura, energia rinnovabile e industria mineraria.
Verso un nuovo equilibrio energetico globale
L’Arabia Saudita sembra voler giocare su due fronti: da un lato continua a sfruttare il petrolio come leva geopolitica, dall’altro investe per costruire un futuro economico più diversificato. Questo nuovo approccio potrebbe segnare l’inizio di una fase di transizione strutturale nel mercato dell’energia, con effetti a catena su prezzi, investimenti e strategie internazionali.
Con un’offerta in crescita e una domanda globale in rallentamento, il prezzo del petrolio rischia di scendere ancora, mettendo in difficoltà i Paesi esportatori meno resilienti ma offrendo un potenziale sollievo a consumatori e settori industriali energivori.