Con una legge approvata a larga maggioranza dal parlamento di Stoccolma, la Svezia diventa il primo paese europeo a vietare le live cam erotiche su piattaforme come OnlyFans. Il nuovo provvedimento, che entrerà in vigore il 1° luglio 2025, impedirà l’acquisto di atti sessuali in tempo reale via web, lasciando però intatti i contenuti pre-registrati, che continueranno a essere legali.
La misura nasce da una proposta della Commissione Giustizia, che ha voluto aggiornare il quadro normativo alla luce delle trasformazioni digitali nel mondo del sesso a pagamento. «Le piattaforme online rappresentano una nuova forma di acquisto di sesso – ha dichiarato la deputata socialdemocratica Teresa Carvalho – ed è il momento di aggiornare le regole».
La protesta dei creator: “Ci tolgono il lavoro, senza alternative”
Il provvedimento ha scatenato la rabbia della comunità di creator, molti dei quali traggono la maggior parte dei guadagni dalle performance in diretta personalizzate. Tra le voci critiche c’è Cina Pödenphant, 40 anni, creatrice di contenuti con oltre 300 abbonati: «OnlyFans è il mio spazio sicuro. Mi permette di lavorare senza contatti fisici. Ora vogliono vietarmi l’unica fonte di reddito?».
Secondo molti creator, questa norma non colpisce la piattaforma, ma le persone che la utilizzano per lavorare legalmente e in sicurezza. Le live cam rappresentano una delle principali fonti di guadagno, grazie a mance, richieste personalizzate e interazioni dirette.
Il rischio: mercato sommerso e mancanza di tutele
La European Sex Workers’ Rights Alliance lancia l’allarme: vietare le live erotiche online potrebbe spingere l’intero settore nell’illegalità, con conseguenze dirette sulla sicurezza dei lavoratori e sull’efficacia dei controlli. Le piattaforme come OnlyFans offrono oggi un ambiente relativamente sicuro e tracciabile. L’eliminazione delle live potrebbe incentivare il ritorno a canali non regolamentati, senza garanzie o protezioni.
Il precedente del 1999: il modello nordico ritorna
La nuova legge si ispira al modello svedese del 1999, che criminalizzava i clienti delle prestazioni sessuali ma depenalizzava i sex worker, con l’obiettivo di cambiare l’approccio culturale al sesso a pagamento. Quel modello ha poi influenzato Norvegia e Francia, introducendo un sistema fondato su quattro pilastri:
- Punire la domanda
- Proteggere chi offre i servizi
- Fornire supporto per uscire dal settore
- Modificare la percezione pubblica
Il caso svedese solleva interrogativi importanti: qual è il confine tra tutela e censura? E quali saranno le conseguenze per un settore che, nel digitale, ha trovato una nuova forma di indipendenza e sicurezza per molti lavoratori?