Il piano di Donald Trump per riportare in patria la produzione di iPhone rischia di trasformarsi in un boomerang economico. Il presidente ha lanciato un ultimatum ad Apple: o sposta la produzione negli Stati Uniti, oppure affronterà dazi doganali fino al 25%. Ma produrre il dispositivo simbolo della tecnologia americana su suolo nazionale è tutt’altro che semplice.
Costi troppo alti: un iPhone potrebbe superare i 2.000 euro
Secondo gli esperti, produrre un iPhone negli USA significherebbe affrontare costi proibitivi. Come spiega l’analista Wayne Lam di TechInsights, la mancanza di manodopera e la necessità di un alto livello di automazione renderebbero il dispositivo economicamente insostenibile. Un iPhone “Made in USA” potrebbe superare i 2.000 euro, rendendolo fuori mercato.
La Cina resta il cuore della filiera
Nonostante le pressioni politiche, Apple non può fare a meno della Cina. Il Paese asiatico è il centro nevralgico della catena di fornitura globale, con milioni di lavoratori qualificati, un ecosistema di fornitori consolidati e una logistica altamente efficiente. Come disse Tim Cook, “in Cina ci sono abbastanza ingegneri da riempire interi stadi”.
L’India cresce, ma non può sostituire Pechino
Negli ultimi anni, Apple ha potenziato la produzione di iPhone in India, sfruttando incentivi statali e un mercato in rapida espansione. Tuttavia, in India avviene principalmente la fase finale di assemblaggio, mentre i componenti più avanzati — come display e sensori — continuano a essere prodotti in Cina. Il marchio “Made in India” è dunque spesso una strategia per aggirare i dazi, non una reale autonomia produttiva.
Esperimenti falliti: il caso del Mac Pro in Texas
Apple aveva già tentato di riportare la produzione in America con l’assemblaggio del Mac Pro in Texas, nel 2013. Il progetto, però, si è scontrato con problemi logistici e scarsità di fornitori locali. Oggi l’impianto è ancora attivo, ma i Mac Pro risultano comunque etichettati come prodotti thailandesi.
Un cambiamento che arriva tardi?
Gli analisti segnalano un altro aspetto cruciale: l’iPhone potrebbe non essere il futuro. Con l’avvento di dispositivi basati sull’intelligenza artificiale, come quello annunciato da Sam Altman e Jony Ive per il 2026, investire miliardi nella riconversione industriale americana potrebbe rivelarsi un rischio eccessivo in vista di una nuova rivoluzione tech.
Il sogno americano contro la realtà globale
Il tentativo di Trump di rilocalizzare la produzione high-tech negli Stati Uniti si scontra con decenni di globalizzazione. La Cina rimane centrale, sia per la competitività dei costi, sia per la complessità della filiera industriale. Per Apple, scegliere tra dazi o ricostruzione interna non è solo una questione politica, ma una sfida economica globale.