Un missile balistico lanciato dall’Iran ha colpito nella notte tra il 19 e il 20 giugno il cuore di Beer Sheva, città strategica nel sud di Israele. L’attacco ha provocato sette feriti e ingenti danni materiali, mettendo in seria difficoltà il tanto decantato sistema difensivo Iron Dome. Le immagini dell’impatto mostrano auto in fiamme, facciate distrutte e strade sventrate, in un quadro che riporta il Paese a uno stato di massima allerta militare.
Difesa elusa: il punto debole dell’Iron Dome
Secondo le Forze di Difesa Israeliane (IDF), il missile ha eluso i sistemi di intercettazione a causa di un malfunzionamento dell’intercettore. Una falla tecnica che ha permesso al vettore iraniano di colpire con precisione un’area civile, sollevando interrogativi sull’efficacia della difesa antimissile israeliana e sulle sue vulnerabilità in scenari di guerra ad alta intensità.
Colpito un parcheggio vicino a edifici residenziali
Il luogo dell’impatto è un parcheggio nei pressi di edifici residenziali. Le conseguenze sono state immediate: edifici danneggiati, appartamenti sventrati e la stazione ferroviaria di Beer Sheva Nord chiusa per danni strutturali. I soccorritori del Magen David Adom (MDA) hanno confermato il bilancio di sette feriti, mentre le autorità locali hanno avviato un’indagine per valutare l’estensione dei danni e la sicurezza delle infrastrutture coinvolte.
Obiettivo sensibile: colpito un sito tecnologico strategico
A rivendicare l’attacco sono state le Guardie Rivoluzionarie iraniane, che in un comunicato ufficiale hanno dichiarato di aver mirato a un sito Microsoft presente in città, accusato di collaborazione con l’esercito israeliano. Se confermato, l’evento segnerebbe un passaggio cruciale nella guerra ibrida tra Israele e Iran, dove le infrastrutture informatiche diventano bersagli quanto quelle militari.
Escalation in corso: preoccupazione internazionale
L’attacco a Beer Sheva arriva in un momento di forte tensione regionale, con crescenti segnali di escalation tra Teheran e Tel Aviv. Il raid non solo mina la sicurezza interna israeliana, ma pone nuovi interrogativi sull’equilibrio geopolitico in Medio Oriente e sulla capacità dei sistemi di difesa a proteggere obiettivi strategici.