Dovevano restare sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per soli otto giorni, ma un problema tecnico con la capsula Starliner della Boeing ha costretto gli astronauti della NASA Suni Williams e Butch Wilmore a un soggiorno imprevisto di nove mesi. Oggi, finalmente, i due sono rientrati sulla Terra a bordo della navetta Crew Dragon di SpaceX, che ha ammarato con successo nel Golfo del Messico, al largo di Tallahassee, Florida.
Gli effetti della lunga permanenza nello spazio
Restare nello spazio per un periodo così prolungato ha profonde conseguenze sul corpo umano. Studi precedenti, come quello condotto sull’astronauta Frank Rubio, rientrato nel settembre 2023 dopo 371 giorni in orbita, hanno dimostrato che l’assenza di gravità provoca cambiamenti significativi, alcuni dei quali possono persistere per anni.
Chi sono Williams e Wilmore
Dopo una discesa durata 17 ore, i due astronauti hanno finalmente toccato il suolo terrestre. Williams, 59 anni, e Wilmore, 62 anni, erano partiti per la ISS a giugno 2024 a bordo del primo volo di prova con equipaggio della Starliner di Boeing. Entrambi già veterani dello spazio, durante la lunga attesa hanno continuato a partecipare attivamente alle operazioni della stazione.
Effetti su muscoli e ossa
Uno degli impatti più evidenti della permanenza nello spazio è la perdita di massa muscolare e ossea. Nonostante un rigido programma di esercizi, gli astronauti possono perdere fino al 30% della massa muscolare durante missioni prolungate. Anche la densità ossea si riduce, con una perdita fino al 10% in sei mesi. Dopo il rientro, è necessaria una riabilitazione intensiva per recuperare la forza fisica, un processo che può richiedere anni.
Impatti neurologici e problemi alla vista
La microgravità influisce anche sul sistema nervoso e sul cervello. Alcuni studi hanno evidenziato modificazioni nelle aree deputate al movimento e alla coordinazione. Inoltre, molti astronauti riportano problemi alla vista dovuti alla pressione intracranica alterata e all’esposizione ai raggi cosmici. Se in alcuni casi questi disturbi si risolvono nel giro di un anno, in altri possono diventare permanenti.
Il rischio di invecchiamento accelerato
Un altro fattore critico è l’effetto delle radiazioni spaziali sui telomeri, le strutture che proteggono il DNA. Durante la permanenza in orbita, i telomeri si allungano, ma una volta tornati sulla Terra subiscono una rapida contrazione, un fenomeno che potrebbe essere collegato a un invecchiamento accelerato.
Donne e uomini a confronto
Uno studio recente ha dimostrato che le donne si adattano meglio alle missioni spaziali rispetto agli uomini. Il loro organismo reagisce in modo più efficace alle condizioni estreme dell’orbita e si riprende più rapidamente al rientro. Una possibile spiegazione è la capacità del corpo femminile di gestire grandi cambiamenti fisiologici, un’abilità sviluppata in relazione alla gravidanza.
Il rientro di Suni Williams e Butch Wilmore segna la fine di un’avventura spaziale inaspettatamente lunga e pone nuove sfide per il futuro dell’esplorazione umana nello spazio.