Con la sentenza n. 8452 del 31 marzo 2025, la Corte di Cassazione ha introdotto un’importante novità nel sistema dei controlli fiscali in Italia, modificando il modo in cui l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono acquisire ed utilizzare le prove. Il provvedimento ha scatenato un intenso dibattito tra giuristi e contribuenti, segnando un potenziale cambio di rotta per l’intero impianto normativo tributario.
Secondo quanto stabilito, le prove acquisite in modo irregolare non sono automaticamente inutilizzabili nel contesto degli accertamenti fiscali, a meno che non vengano violati diritti costituzionali fondamentali. Una posizione che si discosta chiaramente da quanto previsto nel processo penale, dove invece vige il principio di inutilizzabilità delle prove ottenute in modo illecito.
Prove irregolari ammesse: cosa cambia per contribuenti e Fisco
Nel nuovo scenario delineato dalla Corte, le verifiche fiscali potranno basarsi anche su documentazione ottenuta con irregolarità formali, purché non siano compromessi diritti come la libertà personale o l’inviolabilità del domicilio.
La Guardia di Finanza, nel suo ruolo di polizia economico-finanziaria, continuerà a redigere il Processo Verbale di Constatazione (PVC), documento centrale per l’avvio di eventuali procedimenti impositivi. Tuttavia, con questa sentenza, anche le evidenze raccolte al di fuori delle procedure canoniche potranno diventare parte integrante dell’istruttoria.
I limiti costituzionali e la zona grigia della verifica fiscale
La Cassazione ha precisato che le garanzie previste dall’articolo 24 della Costituzione, relative al diritto di difesa, non si applicano alla fase di accertamento, ma solo in sede di contenzioso tributario. Questo significa che esiste una vera e propria “zona grigia” in cui le prove raccolte in modo non conforme possono comunque essere utilizzate, con potenziali ripercussioni per i contribuenti.
Questo approccio solleva interrogativi sulla tutela dei diritti dei cittadini e sull’equilibrio tra esigenze di contrasto all’evasione fiscale e rispetto delle garanzie fondamentali.
Un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato
La decisione della Cassazione si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato, che nel tempo ha confermato la validità delle prove irregolari in ambito tributario. Già con le sentenze n. 24923/2011 e n. 31779/2019, la Corte aveva affermato che l’inutilizzabilità delle prove può essere invocata solo in presenza di norme specifiche che lo prevedano.
Le disposizioni normative di riferimento, come l’articolo 33 del D.P.R. 600/1973 e gli articoli 52 e 63 del D.P.R. 633/1972, delineano i confini entro i quali è lecito operare durante la raccolta delle informazioni, anche in caso di irregolarità formali.