Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina è tornato al centro del dibattito politico dopo l’annuncio del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che ha parlato di 120mila posti di lavoro diretti e indiretti. Tuttavia, i dati forniti dalla Società Stretto di Messina, ente incaricato della realizzazione dell’opera, smentiscono questa cifra.
Le stime ufficiali parlano infatti di 120mila unità lavorative annue (ULA) per l’intera durata dei lavori. Si tratta però di un dato cumulativo: le ULA rappresentano anni-lavoro a tempo pieno, non il numero effettivo di persone impiegate. In media, il cantiere impegnerà 4.300 lavoratori all’anno, con un picco massimo di 7.000 occupati nelle fasi più intense della costruzione.
I reali effetti economici e ambientali
Secondo un’analisi di Uniontrasporti e OpenEconomics, durante la fase cantieristica il Ponte potrebbe generare 23,1 miliardi di euro di valore aggiunto per il PIL nazionale, creare 36.700 posti di lavoro stabili e garantire 10,3 miliardi di euro in entrate fiscali.
Dal punto di vista ambientale, il progetto potrebbe inoltre contribuire alla riduzione di 200mila tonnellate di CO₂, grazie alla diminuzione del traffico marittimo e a un miglioramento dell’efficienza dei collegamenti tra Calabria e Sicilia.
La necessità di una comunicazione basata sui dati
Il Ponte sullo Stretto è indubbiamente una delle opere più discusse e strategiche per il Sud Italia. Tuttavia, è fondamentale che il dibattito pubblico sia sostenuto da dati oggettivi e verificabili. Gonfiare le cifre rischia di minare la fiducia dei cittadini e di distorcere il valore reale dell’opera.
Per una valutazione corretta dei benefici economici, sociali e ambientali del progetto, è necessario affidarsi alle stime tecniche ufficiali, evitando proclami non supportati da evidenze concrete.