L’Agenzia delle Entrate ha alzato il livello di controllo sui movimenti bancari dei contribuenti, puntando i riflettori soprattutto su prelievi e versamenti in contanti. L’obiettivo? Contrastare l’evasione fiscale e individuare redditi non dichiarati. Ma cosa cambia davvero per chi usa frequentemente il bancomat?
I controlli si fanno più stringenti
Negli ultimi mesi, grazie a strumenti normativi sempre più affinati e all’incrocio dei dati bancari con quelli fiscali, l’Agenzia sta monitorando prelievi sospetti dai conti correnti, soprattutto se frequenti, di importo elevato o non supportati da documentazione.
L’attività è legittimata dall’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, che autorizza l’Agenzia a verificare la coerenza tra le movimentazioni bancarie e il reddito dichiarato, attribuendo alle uscite non giustificate il sospetto di operazioni “in nero” – un rischio particolarmente alto per titolari di partita IVA.
Partite IVA nel mirino: prelievi = ricavi non dichiarati?
Per gli imprenditori, i prelievi ingiustificati possono essere considerati ricavi non dichiarati. Questo significa che, in caso di accertamenti, l’Agenzia può presumere che il denaro prelevato sia stato utilizzato per attività legate all’impresa, anche se non risultano registrazioni ufficiali.
Professionisti e autonomi: meno rischio, ma attenzione
Diverso il discorso per i professionisti e i lavoratori autonomi. Una recente sentenza della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio (n.1869/2025) ha chiarito che, per queste categorie, i prelievi in contanti non documentati non sono automaticamente assimilabili a compensi occultati.
Tuttavia, questa tutela giurisprudenziale non elimina completamente il rischio: anche i professionisti possono essere oggetto di controlli se non sanno giustificare le somme movimentate, soprattutto in caso di discrepanze evidenti tra reddito dichiarato e tenore di vita.
La vera criticità? I versamenti
Il punto più delicato resta però un altro: i versamenti in contanti. A differenza dei prelievi, considerati uscite di denaro, i versamenti possono essere interpretati come entrate potenzialmente non dichiarate, soprattutto se non tracciabili.
È proprio su questi movimenti che si concentra l’attenzione dell’Agenzia, che incrocia i dati con gli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità), ma anche con informazioni di fornitori, clienti e banche, per verificare eventuali incongruenze.
In sintesi:
- I prelievi devono essere coerenti con l’attività dichiarata, soprattutto per chi ha una partita IVA.
- I professionisti godono di un margine di tutela in più, ma non sono esenti da verifiche.
- I versamenti in contanti non giustificati rappresentano la principale fonte di rischio sanzionatorio.
Chi vuole evitare sanzioni deve tracciare ogni movimento e conservare documentazione utile a giustificare l’origine o la destinazione delle somme. Il tempo del “contante libero” è finito.