Da sette giorni la 47enne alpinista russa Natalia Nagovitsyna è bloccata a 7000 metri di quota sul Pobeda Peak, la vetta più alta del Tian Shan e del Kirghizistan. Durante la discesa, lo scorso 12 agosto, Natalia ha subito una grave frattura a una gamba, rendendole impossibile ogni movimento autonomo.
Priva di radio e con scarse riserve di cibo e acqua, l’alpinista è riuscita a trovare riparo in una tenda, assistita inizialmente dal compagno di scalata, che ha dovuto proseguire la discesa da solo per chiedere aiuto.
Maltempo e altitudine estreme rendono impossibile il soccorso
Il Pobeda Peak, sedicesima montagna più alta del mondo, è noto come una delle cime più pericolose del pianeta. Le condizioni meteorologiche estreme e l’altitudine proibitiva stanno rendendo impossibile ogni tentativo di salvataggio. Fino ad oggi, nessun alpinista ferito è mai stato evacuato con successo da questa quota.
Un sorvolo con drone effettuato il 19 agosto ha tuttavia confermato che Natalia è ancora viva, riparata nella sua tenda, ma le sue condizioni sono sempre più critiche.
Una vita tra le vette e la tragedia
La storia di Natalia Nagovitsyna è segnata da coraggio e tragedia. Quattro anni fa, durante una spedizione sul Khan Tengri, perse il marito Sergey, colpito da un ictus a 6900 metri. Nonostante l’insistenza dei soccorritori, Natalia restò con lui fino alla fine, dando prova di un attaccamento commovente.
Nel 2022, è tornata su quella stessa montagna per posare una targa commemorativa nel punto in cui Sergey è morto.
Il mondo dell’alpinismo in attesa
Il mondo segue col fiato sospeso l’evoluzione della vicenda. La determinazione dei soccorritori, unita alla resistenza straordinaria della scalatrice, lascia aperta una flebile speranza. Ma il tempo stringe, e la finestra utile per intervenire si restringe ogni ora di più.