Il Vietnam, teatro di uno dei conflitti più sanguinosi del Novecento, torna al centro della scena geopolitica in un contesto completamente diverso ma non meno teso: quello della nuova guerra commerciale americana. Il 2 aprile 2025, in quello che Donald Trump ha ribattezzato il “Liberation Day”, la Casa Bianca ha annunciato dazi reciproci contro diversi Paesi, ma il bersaglio più colpito è proprio Hanoi.
Il Vietnam nel mirino: dazi fino al 46%
Sebbene la Cina resti il principale avversario strategico degli Stati Uniti – con una somma complessiva di dazi che raggiunge il 56%, un livello paragonabile allo Smoot-Hawley Act del 1930 – è il Vietnam a pagare il prezzo più alto delle nuove tariffe commerciali. L’amministrazione Trump ha deciso di imporre dazi al 46% su tutte le importazioni vietnamite, accusando (senza prove documentate) Hanoi di applicare tariffe al 90% sui prodotti americani.
Effetti immediati sull’industria globale
Le conseguenze si sono fatte sentire immediatamente a Wall Street: Nike, che produce in Vietnam il 50% delle sue scarpe e il 28% del suo abbigliamento sportivo, ha registrato un crollo dell’8,8% in borsa. Anche altri colossi internazionali, come Adidas (38% delle calzature prodotte in Vietnam) e Geox, sono ora esposti a significativi rischi di filiera. Il settore manifatturiero vietnamita rappresenta da anni un polo produttivo altamente specializzato, difficilmente replicabile in tempi brevi altrove.
Ferite storiche mai completamente guarite
Questa escalation commerciale riapre antiche ferite. Meno di due generazioni fa, il Vietnam fu devastato dai bombardamenti americani, superiori per intensità persino a quelli sulla Seconda guerra mondiale in Europa. Le conseguenze dell’Agente Arancio, una sostanza chimica impiegata dagli USA per eliminare la vegetazione che nascondeva i Vietcong, sono tuttora visibili. Il taglio dei fondi all’agenzia Usaid, voluto da Trump, ha inoltre fermato i programmi di sminamento agricolo, aggravando una situazione già fragile.
Rischio geopolitico: il Vietnam si avvicina a Pechino?
Il Vietnam, con quasi 100 milioni di abitanti e un’età media di poco superiore ai 30 anni, ha negli ultimi decenni guardato con ammirazione verso l’Occidente. L’America di Ronald Reagan, che rimosse l’embargo, e di Bill Clinton, che sostenne l’ingresso del Vietnam nell’economia globale, è stata un punto di riferimento per le nuove generazioni vietnamite. Tuttavia, la politica estera di Donald Trump rischia ora di spingere Hanoi nelle braccia della Cina di Xi Jinping, alterando i delicati equilibri nel Sud-Est asiatico.