Lo stress da lavoro non è una novità, ma oggi ha un nome più specifico: “sindrome del corridoio”, una condizione di esaurimento mentale e distacco emotivo dal proprio lavoro che colpisce milioni di italiani. Secondo il Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, il 31,8% dei lavoratori sperimenta burnout, alienazione e sensazioni negative legate al proprio impiego.
Ma cosa significa esattamente soffrire di questa sindrome? E soprattutto, come si può combatterla?
Cos’è la sindrome del corridoio?
Immagina di camminare per i corridoi dell’ufficio con la testa piena di pensieri negativi, sentendoti disconnesso dal lavoro e svuotato di energia. La tua mente è in un limbo costante tra stress lavorativo e problemi personali, senza mai trovare pace.
La ricerca rivela che:
- Il 25,7% dei lavoratori si porta i problemi da casa in ufficio (e viceversa).
- Il 41% dei giovani è più vulnerabile a questa condizione.
- Anche il 34,9% degli adulti e il 33,7% degli over 55 ne soffrono.
In pratica, non è solo un problema di giovani precari o di impiegati prossimi alla pensione: questa sindrome colpisce tutti, dai dirigenti agli operai.
Come uscire dal Burnout? Le soluzioni cercate dai dipendenti
Il 63,5% dei lavoratori vorrebbe uno psicologo, mentre il 38,2% pensa che la meditazione possa aiutare. Ma la vera richiesta è più semplice: più tempo per sé stessi.
Ecco le priorità evidenziate dalla ricerca:
- 89,4% – Avere più tempo libero per le proprie passioni
- 86,2% – Trascorrere più tempo con amici e familiari
- 78,9% – Fare attività fisica
- 73,9% – Dedicarsi alla cultura
- 79% – Semplicemente riposare
La verità è che molti lavoratori, schiacciati tra ansie professionali e doveri familiari, sentono il bisogno di staccare e recuperare energie mentali.
Dalla “sindrome del corridoio” alla “sindrome del divano”?
Il problema è che, spesso, lo stress lavorativo non lascia spazio a soluzioni concrete. Si finisce per passare dal superlavoro all’immobilità totale, cercando rifugio nel riposo passivo. Ma la vera via d’uscita sta nel trovare un equilibrio sano tra lavoro e vita privata.
La domanda ora è: le aziende ascolteranno questa richiesta di benessere o continueranno a ignorarla?