Si chiama “Mani vuote” ma lei, le mani, le ha da poche ore piene di una grande soddisfazione. Angelina Mango si coccola infatti il disco d’oro conquisttato grazie all’interpretazione del brano che porta quel titolo che ha fatto registrare oltre 50 mila download e streaming. La cantautrice figlia del talentuoso e troppo presto scomparso Pino Mango porta così a casa un altro riconoscimento di tutto rilievo per quello che, per lei, si è finora rivelato un anno da incorniciare grazie anche al trionfo al Festival di Sanremo con la cumbia “La noia” scritta a sei mani con Dardust e Madame.
Un percorso, quello del presente anno, che ha permesso alla ventiduenne di Lagonegro di affermare una propria impronta musicale nettamente distinta da quella del suo illustre padre di cui però porta il marchio di fabbrica del talento e della vitalità interpretativa così’ come quella dell’ex front woman dei Matia Bazar Laura Valente che le è madre. E la sua sfida l’ha già sicuramente vinta scrollandosi di dosso l’etichetta ingombrante e talora velenosamente affibbiatale di “figlia di Pino Mango”. Il cognome lo porta con orgoglio ed è nel novero della logica, il percorso a dodici note, però; ha sicuramente imboccato un suo sentiero di originalità rispetto a quello che ha respirato tra le mura domestiche sin dalla nascita. E lo si è capito anche dall’interpretazione che fornì a Sanremo del brano “La rondine” in cui ci mise tutta l’intensità di chi non può non dimenticare un grande dolore ma lo sa addomesticare con la forza della sonorità. “E’ un dolore che non se ne va- ha affermato in occasione di diverse interviste riferendosi alla prematura scomparsa, a soli sessant’anni, del padre mentre si trovava a interpretare il brano “Oro”., tra i suoi più celebri, a Policoro (Matera), nella Basilicata dal cui grembo era nato e aveva tanto amato, riamato.
Il successo ha consentito in qualche misura ad Angelina di fare pace con quella parola “Oro” che nel cuore porterà sempre come un impietoso e lacerante ferro rovente. Le parole hanno sempre due anime, una che sa ferire e l’altra che sa far rinascere. E oro, per lei, è divenuto anche simbolo di questa rinascita che invita il dolore non a farsi da parte (sarebbe impossibile) ma a trasformarsi in energia pura e incontaminabile quando si compone e poi si sale su un palco.
“Mani vuote”, il brano che le ha permesso di conquistare il disco d’oro, non era tecnicamente neppure un singolo ma figurava nell’Ep “Voglia di vivere” uscito nel 2023. Ma a chi l’ha adottata con affetto umano e simpatia artistica questo appare come un dettaglio. La forza che l’artista ha saputo imporre con questo brano sta nel fatto che. nel tema affrontato, la difficoltà di comunicare l’amore pur provandolo, ci si possono ritrovare praticamente tutti. “Ti chiedo scusa amore mio – esordisce il testo del brano denunciando un’impotenza comuniicativa – se non amo le parole quanto amo te”. Ma vi è anche la consapevolezza di parlare di ciò che , dalle parole, non sarebbe mai compiutamente recintabile. E così le scuse all’amore vanno anche perché “ti parlo di dolore ma non so cosa è”.
Diverse altre suggestioni emergono nel testo come l’incomprimibilità del saper amare davvero (“ti chiedo scusa se non ho saputo controllare l’amore per te”), l’amore come elemento che dà forza alla matita che impugni nella mano pronta a essere complice del tuo desiderio di creatività (“e a te chiedo scusa se mi aggrappo alle tue dita e divento una matita, e continuo a scrivere”). Amore incomprimibile, ma anche amore che rischia di frantumarsi “non ho più niente da dirti, ti guardo che parti e non riesco a fermarti”). E, come un tormentone dell’anima,spunta la domanda che potrebbe farsi qualche coppia quando l’idillio sta per decomporsi: ” non so più dove cercarti, se dentro i tuoi sbagli o nelle mie mani vuote”.
L’eterno dilemma: se è finita, colpa mia o colpa tua? La cantautrice lucana sembra quindi avere preso le misure all’amore a tuttotondo sottraendosi alla visione edulcorata e tutta smancerie della forma sentimento e mettendone a nudo contraddizioni, lacerazioni che proiettano in un battito di ciglia dall’euforia più incontenibile alla sensazione infuocata di solitudine. Indice di una sempre più emergente maturità compositiva che guarda lontano, come lontano sapevano guardare i registri vocali e le sonorità di suo padre Pino in grado di aprire allo sconfinato rendendolo meno misterioso.