Sessantacinque anni e non sentirli. Pochi personaggi animati come Topo Gigio hanno saputo insinuarsi con un cocktail di dolcezza e simpatia nei cuori delle persone. Il tormentone del “ma cosa mi dici mai” o dello “strepazzami di coccole” condito da un’avvolgente risata fatta di uh uh uh ha larga cittadinanza nei ricordi di molte persone. Era l’anno 1959 quando , su idea dell’autore e regista Guido Stagnaro, Maria Perego e Federico Caldura diedero vita a questo personaggio al servizio del programma “Serata di gala”.
Da lì in poi un’ascesa, da Canzonissima allo Zecchino d’oro, e un… viaggio negli Stati Uniti, dove della sua capacità di fare presa sulle persone con bonarietà e umorismo sia pur animati si accorse anche l’Ed Sullivan show. E, nel 1967, lo si potè persino vedere all’interno di un film d’animazione giapponese. Topo Gigio , insomma, è divenuto un personaggio senza frontiere. Passò attraverso differenti doppiatori. Il primo fu nientemeno che quel Domenico Modugno in grado di aprire poi una frontiera nuova alla canzone italiana con brani come “Nel blu dipinto di blu” , nota anche come “Volare” o “Piove”, ovvero “ciao ciao bambina”. Poi vennero Peppino Mazzullo che ne fu la voce storica, poi Davide Garbolino e Leo Valli.
Negli anni, e sia pure con qualche assenza, il suo potere di coinvolgimento di grandi e piccini non ha mai subito momenti di stanchezza. Forse per la sua voce sbarazzina che ti riconciliava con la capacità di sorridere di tutto, anche di te stesso, o forse per il fatto che, da quei venti centimetri d’altezza (tanto misurava il pupazzo) ti pioveva il messaggio di continuare a coltivare il bambino che regna in te senza averne paura e senza temere di portartelo a spasso nel cammino della vita come un elemento di te che non puoi dimenticare nè spingere verso il passato.
Topo Gigio riuscì a sedurre anche il mondo dello sport, tanto da essere addirittura adottato in Uruguay come mascotte dalla squadra dell’Huracan Buceo di Montevideo. Veneziana, scomparsa nel 2019 all’età di 95 anni, Maria Perego è l’indubbia madre di questo topo antropomorfo tutto simpatia e naturalezza. In un’intervista rilasciata alcuni anni fa al Corriere della Sera, Perego raccontò quale fu la sua fonte di ispirazione: “il mio topo- dichiarò – si insinua nel filone di don Chischiotte e Charlie Chaplin, l’entusiasta che perde ma non perde davvero perché ironizza sulle sue sventure”. Un personaggio che, a sessantacinque anni di distanza dalla sua prima comparsa sulla scena, non smette di essere suscitatore di ilarità ma anche lezione di vita. Riconciliando con una leggerezza di cui troppo spesso ci si dimentica.